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mercoledì 17 marzo 2010

Filosofia e corriere della sera.

Per essere filosofi ci vuole un maestro
Insegnare vuol dire sedurre. Il docente deve trasmetterci la passione

«C’è più da fare a interpretare le interpretazioni che a interpretare le cose, e ci sono più libri sui libri che su altri argomenti: non facciamo che commentarci a vicenda. Tutto pullula di commenti; di autori, c’è grande penuria»: adesso più che mai le parole di Montaigne, nella splendida e ormai storica traduzione di Fausta Garavini, suonano di grande attualità. Proprio in questi ultimi anni, a causa di una serie di insensate e sciagurate riforme, i classici della filosofia e della letteratura occupano un posto sempre più marginale nelle scuole e nelle università. Gli studenti percorrono le tappe della loro carriera nutrendosi di manuali, commenti, antologie, bignamini di ogni genere. Sentono parlare e leggono notizie di oggetti, i classici, di cui, nei casi migliori, conoscono solo qualche pagina presente nei numerosi «florilegi» che hanno invaso il mercato dell’editoria scolastica e universitaria.

Purtroppo questa tendenza non nasce dal nulla. Al contrario: diventa espressione di una società sempre più stregata dal mercato e dalle sue leggi. La scuola e le università sono state equiparate alle aziende. I presidi e i rettori, spogliati dei loro panni abituali di professori, vestono gli abiti di manager. Spetta a loro far tornare i conti, rendere competitive le imprese di cui sono a capo. Innanzitutto il «profitto»: bisogna rispettare i tempi nei parametri previsti dai nuovi protocolli ministeriali.

Ma allora che fare? Invitare gli studenti a lavorare di più per compiere il loro itinerario nei tempi e nei modi migliori? Oppure ridurre le difficoltà per rendere più agevole il raggiungimento del traguardo? Questi anni di applicazione della riforma hanno ormai rivelato con chiarezza che è stata la scelta della semplificazione, per non dire della banalizzazione, a dettare legge negli atenei. Fatta salva qualche piccola isola, ormai la pedagogia edonistica ha incancrenito i gangli vitali dell’insegnamento. Pensare di inserire la lettura integrale dei «Saggi» di Montaigne o di qualche dialogo di Platone potrebbe essere considerato come una seria minaccia alla prosperità dell’azienda e l’incauto professore potrebbe finire anche sotto «processo».

Eppure, come ricorda George Steiner, sembra impossibile concepire qualsiasi forma di insegnamento senza i classici. L’incontro tra un docente e un discente presuppone sempre un «testo» da cui partire. Senza questo contatto diretto sarà difficile che gli studenti possano amare la filosofia o la letteratura e, nello stesso tempo, sarà molto improbabile che i professori possano esprimere al meglio le loro qualità per stimolare passione e entusiasmo nei loro allievi. Si finirà per spezzare definitivamente quel filo che aveva tenuto assieme la parola scritta e la vita, quel circolo che ha consentito a giovani lettori di imparare dai classici ad ascoltare la voce dell’umanità e, poi col tempo, dalla vita a comprendere meglio i libri di cui ci si è nutriti. Gli assaggi di brani selezionati non bastano. Un’antologia non avrà mai la forza di suscitare reazioni che solo la lettura integrale di un’opera può provocare.

E all’interno del processo di avvicinamento ai classici, anche il professore può svolgere un ruolo importantissimo. Basta leggere le biografie o le autobiografie di grandi studiosi per trovare quasi sempre un riferimento a un docente che durante gli studi liceali o universitari è stato decisivo per orientare gli interessi verso questa o quella disciplina. Ognuno di noi ha potuto sperimentare quanto l’inclinazione per una specifica materia sia stata, molto spesso, determinata dal fascino e dall’abilità dell’insegnante.

Le lezioni tenute da alcuni grandi maestri nei saloni di Palazzo Serra di Cassano a Napoli testimoniano l’importanza dell’insegnamento nella trasmissione del sapere. Migliaia di giovani—nel corso dei decenni in cui Gerardo Marotta ha trasformato la sede storica dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in una palestra per formare le nuove generazioni —hanno avuto l’opportunità e il privilegio di ascoltare direttamente la parola di studiosi straordinari come Hans George Gadamer, Giovanni Pugliese Carratelli, Paul Ricoeur, Jean Starobinski, Eugenio Garin e tanti altri invitati di fama internazionale. La serie di dvd proposta dal «Corriere della Sera» permette oggi a un pubblico più vasto di rivivere momenti eccezionali di un’esperienza straordinaria. E, soprattutto, consente ai più giovani di incontrare alcuni grandi maestri che purtroppo ci hanno lasciato.

Attraverso molti di questi dvd è possibile capire che l’insegnamento implica sempre una forma di seduzione. Si tratta, infatti, di un’attività che non può essere considerata un «mestiere», ma che nelle sue forme più nobili e più autentiche presuppone una vera e propria vocazione. «Una lezione di cattiva qualità — ammonisce George Steiner—è quasi letteralmente un assassinio e, metaforicamente, un peccato». L’incontro autentico tra un maestro e un allievo non può prescindere dalla passione e dall’amore. «Non si impara a conoscere — ricorda Max Scheler citando le parole da lui attribuite a Goethe — se non ciò che si ama, e quanto più profonda e completa ha da essere la conoscenza, tanto più forte, energico e vivo deve essere l’amore, anzi la passione».

Oggi purtroppo le aziende dell’istruzione, più attente alla quantitas che alla qualitas, chiedono ben altro ai loro docenti. Il processo di burocratizzazione che ha pervaso scuole e università prevede per prima cosa la partecipazione attiva alla cosiddetta vita amministrativa. Lo studio e la ricerca sembrano un lusso da negoziare con le autorità accademiche. Quel fenomeno che aveva tenuto assieme, fino a non molti anni fa, insegnamento e lavoro scientifico nelle università italiane appare sempre più un miracolo improbabile.

Non è impossibile immaginare che le stesse biblioteche — quei «granai pubblici », come ricordava l’Adriano della Yourcenar, in grado di «ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire » — finiranno, a poco a poco, per trasformarsi in polverosi musei. All’interno di questo contesto sarà difficile immaginare un docente che insegni con amore e passione e studenti pronti a lasciarsi infiammare. «La gente —annotava Rilke—(con l’aiuto di convenzioni) ha dissoluto tutto in facilità e dalla facilità nella più facile china; ma è chiaro che noi ci dobbiamo tenere al difficile ». Il sapere, come ricordava Giordano Bruno e come ricordano tanti classici della filosofia e della letteratura, non è un dono ma una faticosa conquista.

16 commenti:

  1. Anzitutto, non mi è chiaro perchè hai postato un articolo che era possibile linkare. Non bastava segnalare il link o, se preferivi, fare copia e incolla dei passi centrali?

    Inoltre, tu non hai espresso alcun parere su quello che hai postato. Lo condividi? Sì, no, in parte? In sostanza, hai trasformato Nuccio Ordine, chiunque egli sia, in un blogger di Bar Socrate.

    Entrando nel merito dell'articolo, fammi fare giusto un paio di annotazioni.

    L'articolo di Ordine è di una vaghezza e una retorica insopportabili. Lasciando stare il fatto che non menzioni un dato che sia uno, non capisco nemmeno cosa sia sostenendo.

    Fammi spiegare. L'unica cosa chiara detta da Ordine è che, secondo lui,in università non si leggono più i classici della filosofia (e della letteratura). A parte questo, e non so nemmeno se sia vero, il resto è solo fumo e oscurità.

    Ad esempio, cosa intende Ordine quando dice che l'università è diventata "espressione di una società sempre più stregata dal mercato e dalle sue leggi"?

    Ma, soprattutto, cosa vorrebbe dirci quando scrive che la tendenza a non leggere più i classici "finirà per spezzare definitivamente quel filo che aveva tenuto assieme la parola scritta e la vita, quel circolo che ha consentito a giovani lettori di imparare dai classici ad ascoltare la voce dell’umanità e, poi col tempo, dalla vita a comprendere meglio i libri di cui ci si è nutriti"?

    Davvero mi sfugge.

    Se avere letto i classici ti porta a scrivere così, allora, dio mio, per favore non leggiamoli più.

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  2. Mah, potevo linkarlo è vero errore mio. Perdonami.
    Per il resto io posto perchè questo è un bar dove discutere di filosofia ache di quella che non ci piace. Siccome c'è una sezione filosofia e mondo reale, allora pensavo: "caspita, il corriere pubblica sta roba come filosofia, ora la giro agli altri e vediamo che dicono".
    Detto questo sono d'accordo con te, è vago e se si scrive così non leggiamoli sti classici.
    Però su un punto sono d'accordo, avere un buon maestro aiuta nel progresso filosofico, perchè si ha un orizzonte a cui mirare, credo.
    Potevo linkare (è il link è sul titolo) ma avremmo fomentato le statistiche di lettura al corriere, e non mi andava.
    Così l'articolo lo leggiamo qua, lo critichiamo qua e io mi pappo le tue critiche.

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  3. eh poi se non ci fossi io che posto sta merda il blog avrebbe un livello troppo aulico. Lo so che mi vuoi bene

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  4. Mica ti devo perdonare. Non sono mica un prete. Tu scrivi una roba, un altro la critica, tu replichi alla critica. Di solito, si fa così. Io ho espresso un parere critico, mica ti ho rimproverato. Quindi, non capisco di cosa ti scusi.

    Detto questo, io sono profondamente in disaccordo con l'idea di parlare anche della "filosofia che non ci piace". Discutere di cose senza sostanza, criticare filosofi scadenti, leggere articoli di basso livello mi sembra, nel migliore dei casi, una gran perdita di tempo. Per dirla con Putnam: "Criticare il decostruzionismo è come fare a pugni con la nebbia".

    Detto questo, tu mi potresti rispondere che anch'io ho postato una cosa su Galimberti. Vero. Ma il mio post non serviva a discutere della filosofia di Galimberti, ma a confrontare lo stato dell'accademia italiana con quello di un paese più civile, in quel caso il Belgio.

    Ad ogni modo, non sono io che decido cosa si deve o cosa non si deve postare. Vuoi postare una cosa contro, poniamo, l'interpretazione che Galimberti dà di Cartesio o Deleuze di Spinoza? Fallo pure. Non pensare però che mi metterò a leggerla. Se invece vuoi discutere di cosa, ad esempio, Michael Della Rocca dice di Spinoza, allora la cosa dovrebbe interessarmi.

    Questo mi consente di dire un'ultima cosa. Il mio punto non era che non si debbano leggere i classici in università. E condivido anche che leggerli senza uno che ti insegni a farlo è una cosa che porta a poco o a niente. Detto questo, se io dovessi scegliere uno che mi insegni a leggere Platone, non chiederei a Gadamer, ma a Gregory Vlastos. (Hey, lo so che sono entrambi morti).

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  5. La riforma universitaria, fatta peraltro da un governo di centrosinistra, è sciagurata. That's a fact. Per il resto, mi pare di capire che l'articolo è una marchetta pubblicitaria per i dvd del corriere. E' già che c'è l'autore ci infila pure uno spot pubblicitario per l'Istituto italiano di studi filosofici di Palazzo Serra di Cassano a Napoli. Come eleganza non c'è male, visto che l'autore è un membro del comitato scientifico dell''Istituto italiano di studi filosofici. Va beh.

    Quanto a Vlastos, pare uno dei suoi motti preferiti sulla Grecia fosse:"il paese dove gli uomini sono uomini e le pecore sono spaventate." Il suo articolo sui paradossi di Zenone sulla Macmillan secondo me era piuttosto bello, chissà perché nella nuova edizione non c'è più.

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  6. "Criticare il decostruzionismo è come fare a pugni con la nebbia"; giusto! Ma mica tutto è Derrida però, o no?

    Comunque questo modo di fare della "filosofia-pugilato" mi piace assai,

    Nessuno ha pensato che sostieni che non si debbano leggere i classici, era chiaro il sarcasmo secondo cui se leggere i classici porta a scrivere Nuccio Ordine sarebbe meglio non leggerli.

    Comunque Nuccio Ordine è scritto delle cose su Giordano Bruno che non sono niente male o almeno a me piacciono.

    Non mi scusavo per scusarmi, effettivamente bastava un link, ma ho motivato la mia mancanza.

    L'ultimo punto è cruciale. Mica penso che basti un maestro qualunque, serve un buon maestro. Soprattutto serve un filosofo e non un profeta per poter generare un altro filosofo.

    AH, io non volevo discutere della filosofia di Nuccio Ordine, fraintendimento corretto. Ma di quello che passa come "filosofia oggi" sul quotidiano più letto d'Italia (o e repubblica?)

    Se il blog continua così e partecipa anche più gente è una figata.

    Dici che il Belgio è PIù CIVILE DELL'ITALIA. Cosa intendi per "civile"? con quele basi giustifichi la tua affermazione? Argomenti?
    Oppure civile si riferisce solo al caso da te mostrato?

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  7. Supponiamo che un blogger sia interessato a dire ai lettori: "questo è quello che il Corriere della Sera, importante quotidiano italiano, dice della filosofia in Italia".

    Se il blogger vuole dire ciò, non dovrebbe limitarsi a riprodurre l'articolo del Corriere, ma dovrebbe scrivere perlomeno due righe di introduzione e, se è possibile, esprimere anche un'opinione sull'articolo, positiva o negativa che sia.

    Se non lo fa, uno che arriva sul blog penserà che (a scelta): (a) Nuccio Ordine scriva per noi; (b)noi condividiamo quello che ha scritto Ordine; (c) noi siamo dei fan dell'Istituto di Filosofia di Napoli; etc.

    Insomma, se uno prende un pezzo di un altro tizio, in questo caso Ordine, e lo posta sul blog senza dire null'altro, l'interpretazione di default è che lui sottoscrive quanto detto da Ordine. Anzi, lo sottoscrive a tal punto che neanche c'è bisogno di due righe di commento.

    In conclusione. A me cosa il Corriere della Sera pensi sia la filosofia non sembra un argomento di particolare interesse. Ma se pensassi che lo fosse, mi premurerei di discutere i pezzi del Corriere, e non mi limiterei a prenderli e copiarli sul blog. Altrimenti, non si capirebbe il mio intento.

    Perché il Belgio è più civile dell'Italia? Perché là un professore che si macchia di plagio lo mandano a casa a calci. Da noi no. Poi, noi abbiamo Berlusconi. Loro no. Questo mi sembra sufficiente. Chiuderei qui la discussione su Italia vs. Belgio: chi è messo peggio?

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  8. Beh Luca che dire, Mi hai convinto.

    In futuro cercherò di articolare in modo più costruttivo i motivi del "postaggio".

    Però non mi hai mica spiegato bene cosa intendi per Civile e perchè uno stato (belgio) dovrebbere esserlo più di un altro (italia). però ok: Chiuderei qui la discussione su Italia vs. Belgio.

    Ma poi noi non siamo davvero dei fan dell'istituto di filosofia di napoli?

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  9. Un'ultima cosa. Io, ribadisco, Nuccio Ordine non so chi sia. Non ho nulla contro di lui e, non conoscendo la sua produzione scientifica, non mi azzardo a dire nulla su di essa. Probabilmente, ha scritto delle cose molto belle. Probabilmente, morirò senza saperlo.

    Io mi limitavo a commentare l'articolo che ci hai fatto leggere. E' evidente che non l'ho trovato un pezzo di grande bravura.

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  10. Quanto all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, non ho idea di come sia. Magari, è un grande centro di eccellenza. Magari, è una schifezza. Magari, una via di mezzo tra i due estremi. Lo ignoro.

    Ho visto che ha nel comitato scientifico tre importanti studiosi di fama mondiale: Gadamer, Ricoeur e Klibansky. Un solo piccolo problema: sono tutt'e tre morti da 5 anni o più. Questo, forse, non depone a favore della serietà dell'Istituto. Ma, magari, è solo un'apparenza fuorviante.

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  11. credo sia solo un'apparenza fuorviante

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  12. Klibansky non c'entra un cazzo. L'illustre maestro che calcava il pavimento di Palazzo Serra di Cassano era Starobinsky. Uno è ansky e l'altro insky.

    Il Belgio è un paese triste. L'Italia un paese di zoccole e papponi. In questo momento, c'e' un assembramento delle sopradette specie che frequenta il bistrot Giacomo davanti a casa mia.

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  13. Mah..quasi quasi faccio un giro in quella zona proprio adesso che tanto è vicino a dove sto io.
    La descrizione di Sandro dell'Italia mi fa sentire patriota!

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  14. Sandro, questo sito:

    www.iisf.it/presentazione/presentazione.htm

    menziona Raymond Klibansky tra i membri del comitato scientifico dell'Istituto. Ma, magari, sei stato informato che a Napoli "Klibansky" si riferisce a Starobinsky. In fondo, il linguista sei tu.

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  15. A parte che Starobinski si scrive con la "i". E poi è vivo. Quindi, non può far parte del comitato scientifico dell'Istituto. Lì prendono solo i morti.

    Cazzate a parte, i tre nomi che ho citato - Gadamer, Ricoeur, Klibansky - non li ho presi dal pezzo di Ordine, ma dal sito dell'Istituto. Starobinski nel sito non è menzionato. E' menzionato, invece, nel pezzo di Ordine. Ma in qualità di illustre speaker, non di membro dell'Istituto.

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  16. Ma abbiamo finito di parlare di 'ste stronzate? Vado a dormire, va.

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