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lunedì 3 maggio 2010

Sempre caro mi fu questo paradosso

Ciao,

leggendo Priest, On a versione of one of Zeno's paradoxes, ho trovato il seguente argomento, tratto da Jose Benardete, Infinity: an Essay in Methaphysics (autore anche di Metaphysics: The Logical Approach).
Un uomo decide di camminare da A a B e se nulla glielo impedisce raggiungerà effettivamente B. Un dio lo attende pronto ad erigere istantaneamente un muro a metà tra A e B appena prima che l'uomo raggiunga quel punto e solo se l'uomo sta per raggiungere quel punto. Un altro dio attende l'uomo pronto a fare la stessa cosa ad un quarto della distanza tra A e B. Infiniti altri dei attendono l'uomo pronti a fare la stessa ognuno nel punto mediano tra A e il muro del dio precedente. Assumiamo che ogni dio compirebbe effettivamente l'impresa se ne avesse l'opportunità e che i muri degli dei siano l'unica cosa che possa impedire all'uomo di andare da A a B. Segue che l'uomo non può muoversi da A.
Priest nota che questo argomento non si può risolvere con le obiezioni che di solito si muovono ai classici argomenti di Zenone (obiezioni che, però, non cita). Priest aggiunge che le premesse sono inconsistenti: da esse segue che l'uomo non si muove da A, ma segue anche che nessun muro sarà eretto per impedirgli di andare da A a B perché il muro sarà eretto se e solo se l'uomo starà per raggiungere il punto in cui sorgerà il muro, cosa che non può accadere dal momento che l'uomo deve stare fermo. Ma, poiché i muri sono l'unica cosa che impedirebbe all'uomo di andare da A a B e non ci possono essere i muri, allora l'uomo andrà effettivamente da A a B. Nel mondo attuale, presumibilmente, non si verificano situazioni come questa, ma secondo Priest potrebbero esistere situazioni in cui ci sono dei con questa intenzione e in cui sono vere le altre premesse, quindi possono darsi realmente delle contraddizioni.
Io due abbozzi di soluzione al paradosso:
1. solo un dio ci può salvare;
2. l'argomento sembra presupporre l'infinito in atto nella realtà fisica (una serie reale di infiniti dei) e non sono sicuro che ciò sia fisicamente accettabile. Il problema è anche logico: assunte certe proprietà della realtà fisica, segue che non può darsi una serie infinita di dei in atto nella realtà fisica.
Aggiungo che Priest ha anche altri argomenti per sostenere l'esistenza reale di contraddizioni. Questo però non sembra funzionare. Anche se non si trovassero soluzioni al paradosso, non ne seguirebbe che non vi sia un errore nascosto. Piuttosto che accettare la realtà della contraddizione uno potrebbe sostenere che c'è un errore che non riesce ancora a trovare. Ovviamente non sarebbe una bella situazione, ma in certi casi è quel che si è pensato delle teorie fisiche: all'inizio del '900 la teoria atomica accettata era quella di Bohr, che tuttavia era contraddittoria (anche se ora non ricordo perché). Riconosco, comunque, che quest'ultimo punto andrebbe discusso meglio.

Ciao,
Matteo

4 commenti:

  1. ciao Matteo,

    grazie per il post.

    Non condivido le tue obiezioni a Priest.

    (1) Tu scrivi:

    "l'argomento sembra presupporre l'infinito in atto nella realtà fisica (una serie reale di infiniti dei) e non sono sicuro che ciò sia fisicamente accettabile".

    OK, supponiamo che l'infinito in atto sia fisicamente impossibile. Il problema però mi sembra un altro: e' metafisicamente impossibile?
    Se non è metafisicamente impossibile, (ossia, se è metafisicamente possibile), allora esiste un mondo possibile in cui la storia di Priest sta accadendo (un mondo possibile con leggi fisiche differenti).
    Se la storia di Priest davvero è contraddittoria, allora esiste un mondo possibile in cui ci sono contraddizioni vere. Quindi, Priest ha ragione.

    (2) Gino trova la tesi p ripugnante. Io do un argomento per p. Gino mi dice:"guarda, non so bene cosa, ma ci deve essere qualcosa di sbagliato nel tuo argomento, perché p è troppo orribile per essere vera".
    Io, francamente, non accetterei la risposta di Gino come una risposta accettabile. Infatti, se fosse una risposta accettabile, chiunque potrebbe bloccare l'argomento di un altro ricorrendo a questa strategia. E questa è una conseguenza epistemicamente fortemente non desiderabile. Ma la tua risposta è identica alla risposta di Gino. Quindi, non trovo la tua risposta a Priest accettabile.

    Insomma, cosa dovrebbe fare Priest per convincerti della sua tesi? Rifiuteresti ogni possibile argomento a favore dell'idea che ci sono contraddizioni vere? Diresti che ogni argomento di Priest nasconde un errore?

    Luca

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  2. Vediamo di chiarire le idee con uno scambio di post. Sono molto ignorante sulle cose che ho detto e su quelle che sto per dire.
    Comincio da (2). La risposta di Gino è esattamente quella che dà ognuno che dimostra qualcosa per absurdum (ovvero nel caso in cui ‘troppo orribile per essere vera=contraddittoria’). Perché non dovrebbe andare bene nel caso di Priest che si conclude, appunto, con una contraddizione? E’ più digeribile accettare la verità di una contraddizione o pensare che le premesse dell’argomento sono da rifiutare, benché non sia chiaro quale sia il punto preciso che crea problemi?
    Esempio storico: dal sistema di Frege (fondato su principi che per Frege erano evidenti) si deriva la contraddizione di Russell. Soluzione: si sono rivisti i principi.
    Esempio storico: dalla definizione cantoriana di insieme come riunione di elementi aventi una proprietà in comune (che è una definizione di insieme che a prima vista sembra andare bene e infatti per un po’ si è pensato che andasse bene) si derivano parecchie contraddizioni. Soluzione: si è rivista la definizione di insieme.
    Il punto mi sembra questo: ho migliori ragioni per credere che le premesse contengano qualche errore e continuare a pensare che una contraddizione non possa essere vera o ho migliori ragioni per credere che le premesse non contengano errori e smetterla di pensare che una contraddizione non possa essere vera?
    Il punto (1), a questo punto, è già stato praticamente trattato: la storia di Priest argomenta convincentemente che esistono mondi possibili in cui la contraddizione è vera o il fatto che dalla situazione che descrive segua una contraddizione indica che la sua situazione è metafisicamente impossibile.
    Contro la possibile verità delle contraddizioni vi sono intuizioni piuttosto forti, dalla parte della tesi di Priest il fatto che le premesse sembrano accettabili e non mi sembra abbastanza.
    Se l’apparire di una contraddizione non è più condizione sufficiente per dichiarare metafisicamente impossibili le premesse che la generano, quale comprensione abbiamo del concetto di impossibilità metafisica?
    Cosa dovrebbe fare Priest per convincermi? Fornire ragioni più evidenti di quelle che al momento mi fanno credere al principio di non contraddizione (è impossibile: mangiare e non mangiare una mela nello stesso momento e sotto lo stesso rispetto; …). A te le premesse del paradosso sembrano più affidabili del principio di non contraddizione?
    Se accetti il dialeteismo (ammetti contraddizioni vere) alla Priest, poi, devi rinunciare anche al sillogismo disgiuntivo (premesse: A o B, non-A; conclusione: B).
    Ancora sulle tue domande finali. Mi sembra che sia normale valutare una teoria anche in base alle conseguenze e rifiutarla se ci sembra portare a conseguenze false (anche qualora non si arrivi al caso, molto forte, del dialeteismo).

    Grazie mille.
    Ciao,
    Matteo

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  3. Perché è impossibile mangiare e non mangiare nello stesso istante? La valutazione darà di certo falso in ogni modo possibile in cui staranno le cose "per noi" (dunque in ogni mondo accessibile dal nostro), ma non per tutti i modi possibili "a noi" impossibili (mondi inaccessibili). Per trattare tali modi 'impossibili' dovremo solo adottare strumenti formali dedicati a tale scopo.

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  4. Ci sono strumenti formali per fare quello che suggerisce Anonimo,ma questo non dimostra che esprimano qualcosa di accettabile in sede metafisica.
    Esempio: Prior (nell'articolo Tonk, Plonk and Plink) ha costruito in sistema in cui da qualsiasi formula si deduce qualsiasi altra formula, ma ciò non significa che sia un filosofo serio chi deduce tutto da tutto.
    Chiedo ad Anonimo di spiegarsi meglio.

    Grazie.
    Ciao,
    Matteo

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