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giovedì 25 febbraio 2010

Fodor vs. Darwin, 2

Questo post è la continuazione di quest'altro. Il tema è sempre lo stesso: Fodor vs. Darwin. A scanso di equivoci, fatemelo ripetere: Fodor non è diventato un creazionista. Tuttavia, pensa di aver individuato una seria difficoltà concettuale nel darwinismo. L’altro giorno, in treno da Milano a Parigi, ho letto alcune cose di Fodor in merito. Confesso di averci capito davvero poco e il poco che ho capito mi è sembrato inutile o sbagliato. Tuttavia, è possibile che sia io che non riesca ad afferrare la sottigliezza del suo ragionamento. In questo post, provo a ricostruire, in forma semplificata, parte del suo ragionamento. Lo faccio a partire da "Why Pigs Don't Have Wings" (WPW) e "Against Darwinism" (AD). [Se cliccate sui titoli, vi manda ai papers]. Magari potete dirmi cosa non ho capito.


1. I due pilastri della teoria dell’evoluzione: filogenesi e selezione naturale

Fodor comincia da qui: “Darwin’s theory of evolution has two parts. One is its familiar historical account of our phylogeny; the other is the theory of natural selection” (WPW). Secondo Fodor, la prima parte è indiscutibile: ci sono innumerevoli evidenze a sostegno della tesi che le diverse specie siano ramificazioni dello stesso albero. Tuttavia, prosegue Fodor, è in linea di principio possibile che il meccanismo alla base della filogenesi non sia la selezione naturale: “In principle at least, it could turn out that there are indeed baboons in our family tree, but that natural selection isn’t how they got there” (WPW).

Fino a qui, tutto bene. La filogenesi e la selezione naturale sono concettualmente indipendenti, quindi è in linea di principio possibile che la prima sia vera mentre la seconda falsa. Questo, tuttavia, è abbastanza banale. Le cose cominciano a farsi interessanti quando Fodor compie questo passo ulteriore: la teoria della soluzione naturale è effettivamente falsa - “Darwin’s account of evolution by natural selection cannot be sustained” (AD). Secondo Fodor, dunque, tutte le specie si sono evolute a partire dalla stessa radice, ma non è stata la selezione naturale a fare evolvere l’albero della vita. Perchè no? Perchè, a detta di Fodor, la teoria della selezione naturale di Darwin soffre di un insuperabile problema di natura concettuale.

Fodor descrive in questo modo la teoria della selezione naturale: “a creature’s phenotype – the inventory of its heritable traits – is an adaptation to the demands of its ecological situation. “Adaptation” is a name for the process by which environmental variables select among the creatures in a population the ones whose heritable properties are most fit for survival and reproduction” (WPW).

Per farla breve, secondo Fodor il nucleo centrale della teoria della selezione naturale è che i fenotipi evolvono perchè “fit individuals are selected for the traits that make them fit” (WPW). Ora, e questo è il punto centrale, secondo Fodor un processo di selection for non può fare parte del processo evolutivo. Cerchiamo allora di capire quali sono i presunti problemi della nozione di selection for.


2. I pennacchi di S.Marco e la nozione di selection for

Cominciamo da una storia famosa raccontata nel 1979 da Gould e Lewontin (i dettagli architettonici sono irrilevanti). All’interno del duomo di S. Marco, all’incontro tra gli archi portanti, trovate degli spazi triangolari meravigliosamente decorati – i pennacchi di S. Marco. Tra gli archi portanti di un duomo e i pennacchi di un duomo sussiste una relazione particolare: avete i primi se e solo se avete anche i secondi. Infatti, se costruite un duomo con degli archi, formerete degli spazi triangolari, ossia i pennacchi. Di converso, se volete i pennacchi in un duomo, dovete costruire un duomo con gli archi. Pertanto, una delle due proprietà viene via gratis, come conseguenza dell’altra.

A questo punto, uno si può chiedere: ma nel caso di S. Marco quale delle due proprietà è stata selezionata (scelta) e quale, invece, è un mero sottoprodotto di quella selezione (scelta)? Si potrebbe pensare che il committente del duomo fosse un amante dei pennacchi decorati e che, quindi, abbia chiesto un duomo con pennacchi. In questo caso, S. Marco è stato selezionato per avere dei pennacchi e questo spiega anche il perché ha una struttura ad arco. Oppure, potrebbe essere successo il contrario: S. Marco è stato selezionato per avere una struttura ad arco e i pennacchi sono una conseguenza di quella scelta.

La storia vera sembra essere la seconda – i pennacchi sono un sottoprodotto - ma questo è irrilevante. Quello che conta, secondo Fodor, è che esiste un fatto che determina in quale modo sono effettivamente andate le cose. Infatti, dato che S. Marco è un oggetto creato da un soggetto dotato di una mente, c’è qualcuno ha effettivamente deciso (selezionato) quale fosse la proprietà fondamentale e quale il sottoprodotto. Il fatto in questione è proprio la decisione del creatore. Ovviamente, potremmo non sapere mai se il creatore ha deciso che S. Marco dovesse essere una struttura ad arco o se, invece, S. Marco è stato selezionato per avere dei pennacchi. Tuttavia, questo limite epistemico – la nostra incapacità di conoscere la decisione dell’ideatore di S. Marco – nulla toglie al fatto che l’ideatore ha deciso in un modo o nell’altro e che tale decisione abbia determinato per cosa è stato selezionato S. Marco.

Ora, cosa c’entra tutto ciò con la selezione naturale? E’ qui che inizio a perdere il filo del ragionamento di Fodor. Vediamo cosa riesco a combinare.


3. Ciò che la natura non vede.

Il primo passo di Fodor è dirci che anche gli esseri viventi hanno proprietà (tratti) co-estensive. Ad esempio, tutti gli orsi che hanno la proprietà di essere bianchi hanno anche la proprietà di essere dello stesso colore della neve. Ora, si chiede Fodor, “were polar bears selected for being white or for matching their environment?” (WPW). Più in generale, può la teoria della selezione distinguere tra "selection for trait A and selection for trait B when A and B are co-extensive?” (WPW). Nel nostro caso, è in grado la teoria della selezione di distinguere se gli orsi sono stati selezionati per il fatto di essere bianchi o per il fatto di essere dello stesso colore del proprio ambiente?

Torniamo al caso di S. Marco. Supponete che le cattedrali non siano artefatti, ma esseri viventi: “would the right evolutionary story be that they have arches because they were selected for having spandrels? Or would it be that they have spandrels because they were selected for having arches?” (WPW). In questo caso ipotetico, dice Fodor, non c’è alcuna decisione o disegno da parte della natura che possa stabilire il perché le cattedrali sono state selezionate in natura. Infatti, “natural selection is mindless” (WPW), e quindi priva di intenzioni, decisioni e progetti. Quindi, non c’è alcun fatto che stabilisce se le nostre ipotetiche cattedrali naturali hanno gli archi perchè sono state selezionate per avere pennacchi o se, al contrario, hanno dei pennacchi perchè sono state selezionate per avere degli archi. Pertanto, conclude Fodor, la selezione naturale non è in grado di spiegare la distribuzione dei tratti fenotipici.

Da questo punto di vista, secondo Fodor l’errore capitale di Darwin sarebbe stato basare il suo modello della selezione naturale sul funzionamento della selezione artificiale. “It’s true, of course, that breeding, like evolution, can alter phenotypes over time. But, on the face of it, the mechanism by which breeding and evolution operate could hardly be more different. (...) The present worry is that the explication of natural selection by appeal to selective breeding is seriously misleading, and that it thoroughly misled Darwin. Because breeders have minds, there’s a fact of the matter about what traits they breed for. Natural selection, by contrast is mindless” (WPW).

In estrema sintesi, il ragionamento di Fodor mi sembra questo: dato che la selezione naturale è priva di mente, non c’è alcun fatto in grado di stabilire, tra due tratti co-estensivi A e B di un organismo O, se O è stato selezionato per A oppure è stato selezionato per B. Quindi, non è possibile spiegare la distribuzione dei tratti fenotipici - perlomeno di quelli coestensivi - tramite la teoria della selezione naturale.


4. Una replica veloce

A me sembra che tutto il ragionamento di Fodor si basi su una confusione tra il rapporto tra selezione artificiale e selezione naturale. Questa confusione lo porta ad oscillare tra due modi alternativi di leggere la nozione di selecting for, i quali andrebbero invece tenuti distinti. Provo a spiegarmi.

In AD, Fodor scrive: “Suppose Granny breeds zinnias, with the intention of selling them on Market Day. Then Granny is selecting zinnias for their value on the market, and not, say, for the elaboration of their root systems. This is so even if, as a matter of fact, it’s precisely zinnias with elaborate root systems that sell at the best price. (...) In short, since Granny is in it for the money and not for the roots, there is a matter of fact about what she selects for when she selects some of the zinnias and rejects the others. What Granny selects for is: whatever it is that she has in mind when she does her selecting.”

In effetti, in questo esempio di Fodor, la nozione di selecting for richiede la presenza di un agente intenzionale, in quanto quello che specifichiamo con selecting for sono proprio le ragioni che la nonnina ha per selezionare certe zinnie e non altre. Ad esempio, quando diciamo che “Granny is selecting zinnias for their value on the market”, stiamo dicendo in modo ellittico qualcosa come “la nonnina seleziona quelle zinnie che ella crede abbiano valore sul mercato”. Pertanto, qui selecting for ha una lettura intenzionale.

Ma nel caso della selezione naturale non è questo il modo giusto di leggere selecting for. Quando diciamo che “polar bears were selected for being white”, l’enunciato andrebbe tradotto con “gli orsi polari vennero selezionati a causa del loro essere bianchi”. Qui, la nozione di selecting for è interamente causale, e non contiene alcuna traccia di linguaggio intenzionale. Pertanto, l’assenza di un soggetto dotato di una mente che opera la selezione è del tutto irrilevante. Tutto ciò che conta affinché ci sia un fatto che stabilisca, tra due tratti co-estensivi A e B, per quale dei due è stato selezionato l’organismo, non è una decisione da parte della natura, ma quale tra A e B ha giocato un ruolo causale nell’aumentare il successo riproduttivo dell’organismo.

Lo stesso punto è stato fatto qui da Ned Block e Philip Kitcher: l’obiezione di Fodor – scrivono – “is obscure because it relies on an unfortunate metaphor, introduced by Darwin. In explaining natural selection, Darwin frequently resorts to personification. When Fodor talks of distinctions that are “invisible” to selection, he continues this personification, treating selection as if it were an observer able to choose among finely grained possibilities. (...) [However] neither Darwin, nor any of his successors, believes in the literal scrutiny of variations. Natural selection, soberly presented, is about differential success in leaving descendants. If a variant trait causes its bearer to have a greater number of offspring, and if the variant is heritable, then the proportion of organism with the variant trait will increase in subsequent generation. To say there is selection for a trait is thus to make a causal claim: having the trait causes greater reproductive success”.

Fatemi ridire tutto in due parole. Fodor ha questo argomento contro la teoria della selezione naturale: dato che la selezione naturale è priva di mente, non c’è alcun fatto in grado di stabilire, tra due tratti co-estensivi A e B di un organismo O, se O è stato selezionato per A oppure è stato selezionato per B. Questo argomento potrebbe funzionare se selezionato per fosse una nozione intenzionale. Ma non lo è. Nella teoria dell’evoluzione, infatti, selecting for è una nozione causale. Pertanto, l’assenza di un soggetto dotato di mente non implica che non ci sia una base fattuale che determini se O è stato selezionato per (a causa di) A oppure per (a causa di) B.

Fine della storia? No. Fodor, infatti, ha un secondo argomento contro la teoria della selezione naturale, il quale è del tutto indipendente dall’idea che selecting for richieda un soggetto e del tutto compatibile con l’idea che selecting for andrebbe letto in modo causale. Questo secondo argomento si basa sull’idea che la causazione richiede leggi di natura e che, tuttavia, non possono esistere leggi di natura concernenti la selezione.

Ma per oggi basta. Ne parlo nella prossima puntata. Più o meno, tra una settimana.

5 commenti:

  1. Anche David Papineau ha scritto una recensione devastante al nuovo libro di Fodor e Piattelli.

    Ecco la sintesi della recensione.

    1. Il verdetto è sempre lo stesso:

    " Fodor is one of the most respected figures in the academic world. His reputation, however, is likely to be dented by this latest book. Fodor has a successful record as a controversialist, but in taking on Darwin he has bitten off more than he can chew. (...)
    This is an unfortunate book. Fodor is a major thinker who has done much to shape thinking about the mind. But this time his argument has run away with him. It will persuade no one and serve only to lessen his standing.".

    2. Le ragioni del verdetto sono sempre le solite:

    "Fodor and Pialtelli-Palmarini do have an argument for their strange claims. They say that natural selection is insensitive to the difference between good traits and bad ones. One of their central examples is the evolution of the heart. Hearts pump blood, but they also make thumping sounds. As a result, any selective mechanism that favours blood pumpers will willy-nilly favour noise makers too—and, while blood pumping may help survival, thumping noises are themselves unhelpful.
    It is hard to know what to say. This isn’t a good argument because, at its centre, lies a simple confusion. It is true that when an adaptive and a nonadaptive trait are tightly yoked together, natural selection will be forced to take them both or not at all, and so in these specific cases will be “blind” to the difference. But it doesn’t follow that there is no relevant difference at all between the two traits in question. Of course there is. One trait helps survival and the other doesn’t. And in general natural selection certainly isn’t blind to this kind of contrast"

    3. Ci sono solo due elementi di novità. Il primo è che, in sostanza, secondo Papineau, Piattelli ha contribuito al libro solo mettendoci il nome:

    "Fodor has a variety of interests and an enviable prose style. What Darwin got Wrong displays his characteristic punchiness and fondness for a throwaway line. He may have a co-author in Massimo Piattelli-Palmarini, but the prose bears Fodor’s stamp throughout. Presumably Piattelli-Palmarini, a biologist turned cognitive scientist, was brought in to add biological verisimilitude.

    4. Il secondo punto originale della recensione è cercare di spiegare il motivo per cui Fodor si sarebbe messo in testa di criticare Darwin. Questa è la spiegazione di Papineau:

    "The interesting issue isn’t whether Fodor is right— he isn’t— but why he should have taken against Darwin so. Some of his arguments suggest an answer.
    One of the founding principles of Fodor’s computationalist school of cognitive science is its rejection of associationist psychology. Where computationalists like Fodor hold that we are born with innate cognitive programmes, associationists maintain that our brains are shaped by experience of stimulus-reward patterns. Fifty years ago psychology, under the leadership of BF Skinner, did little but study such patterns in pigeons and rats. That is all now history.
    Young computationalists today are brought up on tales of how Noam Chomsky (...) slew the associationist dragon once and for all with his demolition of Skinner’s theory of language in 1959.
    Fodor wants do to Darwin what Chomsky did to Skinner. At various points in their book, Fodor and Piattelli-Palmarini point out that there are strong analogies between associationist psychology and Darwinism. Both appeal to mechanisms that favour items that produce favourable effects. So it is arguable, and Fodor and Piattelli-Palmarini repeatedly argue it, that if associationist psychology is all wrong then Darwin must be all wrong too.
    While this may explain what Fodor is up to, it scarcely adds to the strength of his case. (...)Fodor may be able to fool some of the psychologists some of the time, but he has no chance of persuading the wider biological community of claims they know to be false".

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  2. Caro Luca,

    grazie del contributo. Non ho nulla da aggiungere all’obiezione a Fodor e aspetto il riassunto del secondo argomento. Solo non ho capito bene il collegamento tra i comportamentisti e i darwinisti (chiamo così gli evoluzionisti che ritengono che l’evoluzione si svolga per mezzo della selezione naturale). Premetto che non conosco bene questi argomenti (tanto per capirci, la frase più affine al campo di questa discussione che abbia letto ultimamente è: “l’insieme degli endomorfismi è un monoide con composizione e identità”). Ci provo ugualmente. I comportamentisti sostengono che se un’azione determina effetti favorevoli a chi lo compie, allora sarà tendenzialmente mantenuta da quell’agente. I darwinisti sostengono che se un corredo genetico ha caratteristiche che favoriscono la sua permanenza allora questo corredo genetico continuerà ad esistere. (Potrebbe sembrare strano il modo in cui ho presentato la tesi dei darwinisti, ma mi sembra proprio che sia questa. La selezione naturale non tende a conservare sempre l’individuo, infatti una madre è portata a rischiare la vita per i suoi cuccioli, e nemmeno la specie, infatti il leone adulto maschio, assunta una posizione dominante, uccide i cuccioli dei rivali e induce ad abortire le leonesse che non ha ingravidato lui. Ciò che difende la sua esistenza, in entrambi i casi, per mezzo della cura della prole, è il corredo genetico. È possibile, mi sembra, che la prima ipotesi (comportamentismo) sia falsa, ma vera la seconda (darwinismo) e anche che la seconda sia vera, ma falsa la prima e l’analogia tra le due è generica (x che si dimostra favorevole a y in una data circostanza viene mantenuto da y in quella circostanza). Forse proprio il fatto che Fodor veda una stretta analogia tra queste due situazioni è una conferma del fatto che confonde la selezione operata da un agente intelligente (direi che anche gli animali lo sono), quella a cui si riferiscono i comportamentisti, e quella operata dalla natura, quella a cui i riferiscono i darwinisti.

    Ciao

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  3. ciao matteo,

    anche a me non è chiaro il parallelo tra darwinismo e associazionismo. Concordo con te che il condizionale "se l'associazionismo in psicologia è falso, allora è falso anche il darwinismo" è a dir poco incredibile, dato che l'analogia tra associazionismo e darwinismo è molto debole e generica. Francamente, non so se Fodor abbia in mente una cosa di questo tipo. Io il libro non l'ho letto. E' Papineau che dice che Fodor sembra avere in mente una cosa di questo tipo. Dobbiamo fidarci?

    La seconda puntata su Fodor mi sa che tarderà ad arrivare, dato che sono molto impegnato in questi giorni.

    Ultima cosa: la lettura che dai del darwinismo non è affatto strana. Anzi, è abbastanza standard, perlomeno in quelli che si ispirano a Dawkins.

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  4. scusate l'intromissione, ma la parola endomorfismo ha attirato la mia attenzione. matteo, studi matematica? logica? teoria delle categorie?
    darwin rules

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  5. ma non ho capito. Cos'è un posto di conversazione?

    Scusa cara, che detersivo usi per i piatti? Che fai nel tempo libero? Ti piace l'algebra lineare?

    Allora! Non costringetemi a moderare!

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