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domenica 28 febbraio 2010

Un argomento contro la teoria della teoria

1. Nella vita di tutti i giorni attribuiamo di continuo stati mentali alle altre persone. Ad esempio, crediamo che Michele desideri andare a dormire, che Franca creda che il treno per Torino sia in ritardo, e così via. Come ci riusciamo? Quali sono i meccanismi cognitivi che guidano le attribuzioni di stati mentali?

Secondo la teoria della teoria (TT), l’attribuzione di stati mentali si basa sulla conoscenza, presumibilmente tacita, di una teoria della mente. Cos’è una teoria della mente? E’ una teoria costituita da leggi psicologiche, ossia leggi che connettono input sensoriali, stati mentali e output comportamentali. Una legge di questo tipo è la seguente – chiamiamola legge D: se X si è ferito ad una gamba e urla e si muove convulsamente, allora X è in uno stato di dolore (Naturalmente, D è solo un toy model di una vera legge psicologica.)

2. E’ abbastanza evidente che c’è una relazione stretta tra funzionalismo e TT.

Il funzionalismo è la teoria secondo cui gli stati mentali vanno individuati in base al ruolo funzionale che occupano. Ad esempio, uno stato mentale è uno stato di dolore se e solo se è uno stato causato da un danno al corpo e che causa urla, movimenti convulsi, ecc. (La definizione è scandalosamente imprecisa, ma per i miei scopi questo è irrilevante).

Se ci pensate un secondo, vedrete che è plausibile pensare che la legge D di cui ho parlato prima sia derivata dalla definizione funzionale del dolore. Pertanto, è possibile ipotizzare questa relazione tra funzionalismo e TT: le leggi psicologiche della teoria della mente sono derivate dalle definizioni funzionali dei vari stati mentali. (In realtà, a me basta meno di questo. Mi basta che le leggi della teoria della mente siano leggi nelle quali non figura nulla di più di quanto figura nelle definizioni funzionali degli stati mentali. In due parole: sono leggi psicologiche che menzionano solo relazioni causali tra input sensoriali, stati mentali e output comportamentali).

3. Un problema classico col funzionalismo è che le definizioni funzionali degli stati mentali non sono in grado di catturarne l’aspetto qualitativo. Torniamo al dolore. Il dolore non è solo caratterizzato da un pattern di relazioni causali. Essere in uno stato di dolore significa anche provare qualcosa. Tuttavia, per dirla con Frank Jackson, ditemi tutto quello che c’è da sapere sul ruolo funzionale del dolore e “non mi avrete ancora detto nulla sulla dolorosità del dolore”.

Supponiamo che Jackson e i qualia freaks abbiano ragione. Supponiamo, in altri termini, che le definizioni funzionali lascino fuori la coscienza. Pertanto, dato che nelle leggi della teoria della mente non figura nulla di più di quanto non figuri nella definizioni funzionali degli stati mentali, anch’esse lasciano fuori l’aspetto qualitativo degli stati mentali.

Tuttavia, quando noi attribuiamo dolore, non attribuiamo solo uno stato funzionale, ma anche uno stato qualitativo. (Quando attribuiamo dolore, pensiamo anche che uno provi dolore). Pertanto, l’attribuzione di stati mentali non può essere spiegata solamente in base al possesso di una teoria della mente.

Che ne pensate?

giovedì 25 febbraio 2010

Fodor vs. Darwin, 2

Questo post è la continuazione di quest'altro. Il tema è sempre lo stesso: Fodor vs. Darwin. A scanso di equivoci, fatemelo ripetere: Fodor non è diventato un creazionista. Tuttavia, pensa di aver individuato una seria difficoltà concettuale nel darwinismo. L’altro giorno, in treno da Milano a Parigi, ho letto alcune cose di Fodor in merito. Confesso di averci capito davvero poco e il poco che ho capito mi è sembrato inutile o sbagliato. Tuttavia, è possibile che sia io che non riesca ad afferrare la sottigliezza del suo ragionamento. In questo post, provo a ricostruire, in forma semplificata, parte del suo ragionamento. Lo faccio a partire da "Why Pigs Don't Have Wings" (WPW) e "Against Darwinism" (AD). [Se cliccate sui titoli, vi manda ai papers]. Magari potete dirmi cosa non ho capito.


1. I due pilastri della teoria dell’evoluzione: filogenesi e selezione naturale

Fodor comincia da qui: “Darwin’s theory of evolution has two parts. One is its familiar historical account of our phylogeny; the other is the theory of natural selection” (WPW). Secondo Fodor, la prima parte è indiscutibile: ci sono innumerevoli evidenze a sostegno della tesi che le diverse specie siano ramificazioni dello stesso albero. Tuttavia, prosegue Fodor, è in linea di principio possibile che il meccanismo alla base della filogenesi non sia la selezione naturale: “In principle at least, it could turn out that there are indeed baboons in our family tree, but that natural selection isn’t how they got there” (WPW).

Fino a qui, tutto bene. La filogenesi e la selezione naturale sono concettualmente indipendenti, quindi è in linea di principio possibile che la prima sia vera mentre la seconda falsa. Questo, tuttavia, è abbastanza banale. Le cose cominciano a farsi interessanti quando Fodor compie questo passo ulteriore: la teoria della soluzione naturale è effettivamente falsa - “Darwin’s account of evolution by natural selection cannot be sustained” (AD). Secondo Fodor, dunque, tutte le specie si sono evolute a partire dalla stessa radice, ma non è stata la selezione naturale a fare evolvere l’albero della vita. Perchè no? Perchè, a detta di Fodor, la teoria della selezione naturale di Darwin soffre di un insuperabile problema di natura concettuale.

Fodor descrive in questo modo la teoria della selezione naturale: “a creature’s phenotype – the inventory of its heritable traits – is an adaptation to the demands of its ecological situation. “Adaptation” is a name for the process by which environmental variables select among the creatures in a population the ones whose heritable properties are most fit for survival and reproduction” (WPW).

Per farla breve, secondo Fodor il nucleo centrale della teoria della selezione naturale è che i fenotipi evolvono perchè “fit individuals are selected for the traits that make them fit” (WPW). Ora, e questo è il punto centrale, secondo Fodor un processo di selection for non può fare parte del processo evolutivo. Cerchiamo allora di capire quali sono i presunti problemi della nozione di selection for.


2. I pennacchi di S.Marco e la nozione di selection for

Cominciamo da una storia famosa raccontata nel 1979 da Gould e Lewontin (i dettagli architettonici sono irrilevanti). All’interno del duomo di S. Marco, all’incontro tra gli archi portanti, trovate degli spazi triangolari meravigliosamente decorati – i pennacchi di S. Marco. Tra gli archi portanti di un duomo e i pennacchi di un duomo sussiste una relazione particolare: avete i primi se e solo se avete anche i secondi. Infatti, se costruite un duomo con degli archi, formerete degli spazi triangolari, ossia i pennacchi. Di converso, se volete i pennacchi in un duomo, dovete costruire un duomo con gli archi. Pertanto, una delle due proprietà viene via gratis, come conseguenza dell’altra.

A questo punto, uno si può chiedere: ma nel caso di S. Marco quale delle due proprietà è stata selezionata (scelta) e quale, invece, è un mero sottoprodotto di quella selezione (scelta)? Si potrebbe pensare che il committente del duomo fosse un amante dei pennacchi decorati e che, quindi, abbia chiesto un duomo con pennacchi. In questo caso, S. Marco è stato selezionato per avere dei pennacchi e questo spiega anche il perché ha una struttura ad arco. Oppure, potrebbe essere successo il contrario: S. Marco è stato selezionato per avere una struttura ad arco e i pennacchi sono una conseguenza di quella scelta.

La storia vera sembra essere la seconda – i pennacchi sono un sottoprodotto - ma questo è irrilevante. Quello che conta, secondo Fodor, è che esiste un fatto che determina in quale modo sono effettivamente andate le cose. Infatti, dato che S. Marco è un oggetto creato da un soggetto dotato di una mente, c’è qualcuno ha effettivamente deciso (selezionato) quale fosse la proprietà fondamentale e quale il sottoprodotto. Il fatto in questione è proprio la decisione del creatore. Ovviamente, potremmo non sapere mai se il creatore ha deciso che S. Marco dovesse essere una struttura ad arco o se, invece, S. Marco è stato selezionato per avere dei pennacchi. Tuttavia, questo limite epistemico – la nostra incapacità di conoscere la decisione dell’ideatore di S. Marco – nulla toglie al fatto che l’ideatore ha deciso in un modo o nell’altro e che tale decisione abbia determinato per cosa è stato selezionato S. Marco.

Ora, cosa c’entra tutto ciò con la selezione naturale? E’ qui che inizio a perdere il filo del ragionamento di Fodor. Vediamo cosa riesco a combinare.


3. Ciò che la natura non vede.

Il primo passo di Fodor è dirci che anche gli esseri viventi hanno proprietà (tratti) co-estensive. Ad esempio, tutti gli orsi che hanno la proprietà di essere bianchi hanno anche la proprietà di essere dello stesso colore della neve. Ora, si chiede Fodor, “were polar bears selected for being white or for matching their environment?” (WPW). Più in generale, può la teoria della selezione distinguere tra "selection for trait A and selection for trait B when A and B are co-extensive?” (WPW). Nel nostro caso, è in grado la teoria della selezione di distinguere se gli orsi sono stati selezionati per il fatto di essere bianchi o per il fatto di essere dello stesso colore del proprio ambiente?

Torniamo al caso di S. Marco. Supponete che le cattedrali non siano artefatti, ma esseri viventi: “would the right evolutionary story be that they have arches because they were selected for having spandrels? Or would it be that they have spandrels because they were selected for having arches?” (WPW). In questo caso ipotetico, dice Fodor, non c’è alcuna decisione o disegno da parte della natura che possa stabilire il perché le cattedrali sono state selezionate in natura. Infatti, “natural selection is mindless” (WPW), e quindi priva di intenzioni, decisioni e progetti. Quindi, non c’è alcun fatto che stabilisce se le nostre ipotetiche cattedrali naturali hanno gli archi perchè sono state selezionate per avere pennacchi o se, al contrario, hanno dei pennacchi perchè sono state selezionate per avere degli archi. Pertanto, conclude Fodor, la selezione naturale non è in grado di spiegare la distribuzione dei tratti fenotipici.

Da questo punto di vista, secondo Fodor l’errore capitale di Darwin sarebbe stato basare il suo modello della selezione naturale sul funzionamento della selezione artificiale. “It’s true, of course, that breeding, like evolution, can alter phenotypes over time. But, on the face of it, the mechanism by which breeding and evolution operate could hardly be more different. (...) The present worry is that the explication of natural selection by appeal to selective breeding is seriously misleading, and that it thoroughly misled Darwin. Because breeders have minds, there’s a fact of the matter about what traits they breed for. Natural selection, by contrast is mindless” (WPW).

In estrema sintesi, il ragionamento di Fodor mi sembra questo: dato che la selezione naturale è priva di mente, non c’è alcun fatto in grado di stabilire, tra due tratti co-estensivi A e B di un organismo O, se O è stato selezionato per A oppure è stato selezionato per B. Quindi, non è possibile spiegare la distribuzione dei tratti fenotipici - perlomeno di quelli coestensivi - tramite la teoria della selezione naturale.


4. Una replica veloce

A me sembra che tutto il ragionamento di Fodor si basi su una confusione tra il rapporto tra selezione artificiale e selezione naturale. Questa confusione lo porta ad oscillare tra due modi alternativi di leggere la nozione di selecting for, i quali andrebbero invece tenuti distinti. Provo a spiegarmi.

In AD, Fodor scrive: “Suppose Granny breeds zinnias, with the intention of selling them on Market Day. Then Granny is selecting zinnias for their value on the market, and not, say, for the elaboration of their root systems. This is so even if, as a matter of fact, it’s precisely zinnias with elaborate root systems that sell at the best price. (...) In short, since Granny is in it for the money and not for the roots, there is a matter of fact about what she selects for when she selects some of the zinnias and rejects the others. What Granny selects for is: whatever it is that she has in mind when she does her selecting.”

In effetti, in questo esempio di Fodor, la nozione di selecting for richiede la presenza di un agente intenzionale, in quanto quello che specifichiamo con selecting for sono proprio le ragioni che la nonnina ha per selezionare certe zinnie e non altre. Ad esempio, quando diciamo che “Granny is selecting zinnias for their value on the market”, stiamo dicendo in modo ellittico qualcosa come “la nonnina seleziona quelle zinnie che ella crede abbiano valore sul mercato”. Pertanto, qui selecting for ha una lettura intenzionale.

Ma nel caso della selezione naturale non è questo il modo giusto di leggere selecting for. Quando diciamo che “polar bears were selected for being white”, l’enunciato andrebbe tradotto con “gli orsi polari vennero selezionati a causa del loro essere bianchi”. Qui, la nozione di selecting for è interamente causale, e non contiene alcuna traccia di linguaggio intenzionale. Pertanto, l’assenza di un soggetto dotato di una mente che opera la selezione è del tutto irrilevante. Tutto ciò che conta affinché ci sia un fatto che stabilisca, tra due tratti co-estensivi A e B, per quale dei due è stato selezionato l’organismo, non è una decisione da parte della natura, ma quale tra A e B ha giocato un ruolo causale nell’aumentare il successo riproduttivo dell’organismo.

Lo stesso punto è stato fatto qui da Ned Block e Philip Kitcher: l’obiezione di Fodor – scrivono – “is obscure because it relies on an unfortunate metaphor, introduced by Darwin. In explaining natural selection, Darwin frequently resorts to personification. When Fodor talks of distinctions that are “invisible” to selection, he continues this personification, treating selection as if it were an observer able to choose among finely grained possibilities. (...) [However] neither Darwin, nor any of his successors, believes in the literal scrutiny of variations. Natural selection, soberly presented, is about differential success in leaving descendants. If a variant trait causes its bearer to have a greater number of offspring, and if the variant is heritable, then the proportion of organism with the variant trait will increase in subsequent generation. To say there is selection for a trait is thus to make a causal claim: having the trait causes greater reproductive success”.

Fatemi ridire tutto in due parole. Fodor ha questo argomento contro la teoria della selezione naturale: dato che la selezione naturale è priva di mente, non c’è alcun fatto in grado di stabilire, tra due tratti co-estensivi A e B di un organismo O, se O è stato selezionato per A oppure è stato selezionato per B. Questo argomento potrebbe funzionare se selezionato per fosse una nozione intenzionale. Ma non lo è. Nella teoria dell’evoluzione, infatti, selecting for è una nozione causale. Pertanto, l’assenza di un soggetto dotato di mente non implica che non ci sia una base fattuale che determini se O è stato selezionato per (a causa di) A oppure per (a causa di) B.

Fine della storia? No. Fodor, infatti, ha un secondo argomento contro la teoria della selezione naturale, il quale è del tutto indipendente dall’idea che selecting for richieda un soggetto e del tutto compatibile con l’idea che selecting for andrebbe letto in modo causale. Questo secondo argomento si basa sull’idea che la causazione richiede leggi di natura e che, tuttavia, non possono esistere leggi di natura concernenti la selezione.

Ma per oggi basta. Ne parlo nella prossima puntata. Più o meno, tra una settimana.

martedì 23 febbraio 2010

Fodor vs. Darwin

Solitamente, se uno ha dei problemi col darwinismo e la teoria della selezione naturale è perché è un creazionista o un sostenitore del disegno intelligente. Questo non è il caso di Jerry Fodor. Fodor è materialista e, per quanto ne so, ateo. Tuttavia, ha dei problemi col darwinismo. A suo dire, infatti, la teoria della selezione naturale soffre di un grave problema logico: una fallacia intensionale. Questa idea è stata proposta da Fodor in "Against Darwinism" Mind & Language Volume 23, Issue 1, pp. 1-24.

L'articolo di Fodor è stato accolto in uno di questi due modi: (a) non si capisce cosa Fodor abbia in mente; oppure, (b) si capisce ed è palesemente falso.
Fodor allora ha pensato di scrivere un libro, assieme a Massimo Piattelli-Palmarini, per chiarificare e difendere la propria posizione. Il libro, appena uscito, si chiama What Darwin Got Wrong.

Stando alle prime recensioni, il libro è tanto poco convincente quanto l'articolo che lo ha preceduto. Ad esempio, Ned Block e Philip Kitcher, in una recensione devastante su Boston Review, scrivono che il libro é "biologically irrelevant and philosophically confused" e si dispiacciono che "two such distinguished authors have decided to publish a book so cavalier in its treatment of a serious science, so full of apparently scholarly discussions that rest on mistakes and confusions—and so predictably ripe for making mischief".

Io il libro di Fodor e Piattelli non l'ho letto, e adesso sono in partenza per Parigi. Tuttavia se, a partire dalla recensione di Block e Kitcher, volete avviare una discussione in merito, dovrei potermi inserire nella discussione entro un paio di giorni.

domenica 21 febbraio 2010

Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior

Nasce la Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior, la prima rivista di filosofia analitica italiana gestita da studenti e rivolta a laureandi e giovani ricercatori attivi nei vari settori della filosofia analitica (ontologia formale, semantica, filosofia del linguaggio, della logica e della mente, metafisica ed estetica analitica).

DIREZIONE E SCOPO:

La Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior nasce nel Gennaio 2010 da un’idea di Ettore Brocca e Leonardo Caffo che hanno ritenuto opportuno intraprendere un progetto studentesco, aperto e comune.

Rivista Italiana — Punto di partenza di questa iniziativa è la constatazione della carenza, nel panorama dell’editoria filosofica italiana, di pubblicazioni studentesche volte a diffondere ricerche di stampo analitico riguardo le discipline caratterizzate da questo tipo di taglio: filosofia del linguaggio e della mente, semantica e ontologia formali, logica, estetica analitica e filosofia della scienza.

Filosofia Analitica — La rivista si rivolge essenzialmente agli interessati di filosofia analitica. Il solo denominatore comune sarà dunque nient’altro che la presenza di una forma argomentativa nella divulgazione e la giustificazione delle proprie tesi come corredo indispensabile dell’elaborazione discorsiva. Fondamentali per gli intenti della rivista saranno: la sincerità, l’apertura mentale, l’onestà intellettuale e il rispetto per gli orientamenti diversi dal proprio.

Junior — La rivista pubblicherà articoli di soli studenti e dottorandi. Ricercatori e docenti del comitato scientifico saranno invece garanti del contenuto di tali articoli. La rivista è una palestra d’avvio alla ricerca e non un punto d’arrivo.

Consuetudine — Per garantire competenza e assoluta imparzialità nella valutazione dei contenuti, e inoltre per evitare qualsiasi equivoco, la redazione s’impegna, oltre che a far valutare la qualità dei lavori al proprio comitato scientifico, anche a non scrivere essa stessa gli articoli che saranno poi pubblicati. I redattori parteciperanno comunque attraverso altri tipi di contributi (interviste, editoriali e recensioni)

Per Contributi al numero zero cliccate qui. Potete iscrivervi anche al nostro gruppo facebook.


[ISSN 2037-4445 Peer Review Journal]

sabato 20 febbraio 2010

filosofia da vedere e ascoltare

Nel fine settimana mi capita di andare a letto davvero troppo tardi. Così, mi sveglio rintronato e faccio fatica a leggere cose di filosofia. Per fortuna, se sapete un po' l'inglese, la filosofia è possibile anche ascoltarla o guardarla in rete. Ecco alcuni link (cliccate sul titolo in grassetto per andare alla pagina):

Philosophy talk
E' l'archivio on-line del programma radiofonico condotto da John Perry (Stanford). Perry discute di un sacco di argomenti filosofici (verità, coscienza, diritti animali, spazio e tempo, felicità, ecc.) con un sacco di filosofi in gamba (Dave Chalmers, Dan Dennett, Patricia Churchland, Jo Wolff, e molti altri).

Conversations with History
Harry Kreisler intervista filosofi, scienziati, economisti, ecc., su come sono arrivati a formulare le loro idee più importanti. Le video interviste sono molto lunghe e dettagliate. Tra i filosofi intervistati: John Searle, Martha Nussbaum, Amartya Sen e John Perry.

BloggingHeads
Video-conversazioni su politica, scienza e anche filosofia. Trovate, ad esempio, Jessy Prinz che presenta il suo libro The emotional construction of morals; Tim Maudlin e David Albert che discutono di filosofia della fisica; e un numero sorprendente di persone che parlano di libero arbitrio.
(Se cercate i dibattiti di filosofia, dovete mettere come subject area "political philosophy" oppure "science").

In rete si trovano molte altre risorse audio/video per la filosofia. Vi invito a segnalarle sul blog.




mercoledì 17 febbraio 2010

conferenza filosofia della percezione

Il 5 e il 6 marzo a Parma - campus scientifico (centro S. Elisabetta) - si terrà la conferenza:

Simple Seeing, Epistemic Seeing, and Perceptual Beliefs.
The Content of Visual Perception:
Epistemological and Phenomenological Issues.

Ecco il programma:

Venerdì 5
mattina:
Fiona MacPherson (Glasgow)
Cognitive Penetration of Perceptual Experience

Bill Brewer (Warwick)
Perception of Objects and Knowledge of Facts

pomeriggio:
Jérôme Dokic (Paris)
On the apparent immediacy of perceptual judgments

Tim Crane (Cambridge)
Semantic and Phenomenological Conceptions of Perceptual Content

Wolfgang Huemer (Parma)
Concepts, Words, and Contents


Sabato 6
mattina:
Fiorenza Toccafondi (Parma)
Perception and Simple Seeing

Christopher Peacocke (New York)
The First Person and Perception

pomeriggio:
Sonia Sedivy (Toronto)
The Aesthetic Presence of the World

Alberto Voltolini (Torino)
How to be disjunctivists and (light) ultrarealists at one and the same time

Clotilde Calabi (Milan)
The Blurred Hen



Per ulteriori informazioni:

Ph.D. filosofia del linguaggio

Se state facendo o volete fare un Ph.D. in filosofia del linguaggio, questo post dovrebbe interessarvi.

1. Conferenza Fiction and Fictionalism
Dal 24 al 26 settembre, Aberdeen (UK). Tutti i graduate students che lavorano in logica, filosofia del linguaggio e linguistica sono invitati a contribuire con un paper. La deadline è il 18 aprile.

Gli invited speakers sono: JC Beall, Manuel Garcia-Carpintero, Graham Priest, Greg Restall e Mark Sainsbury.

Tutte le info qui

2. Summer school Meaning, Context, Intention
Dal 19 al 30 luglio, Budapest. Deadline: 22 febbraio.

Tra gli insegnanti: Jason Stanley, Ernie Lepore, Zoltan Szabo, Stephen Neale.

Tutte le info qui.

3. Pre-doctoral positions in filosofia del linguaggio
Dottorato in filosofia del linguaggio organizzato da un network europeo composto da St. Andrews, Parigi, Barcellona, Ginevra, Londra e altre università.

Tutte le info qui.

domenica 14 febbraio 2010

ESPP 2010, Germania


dal 25 al 28 agosto 2010, a Bochum e ad Essen (zona della Ruhr, Germania) si terrà il 18° meeting annuale della European Society for Philosophy and Psychology.

Trovate tutte le info qui. Io ve ne do giusto un paio:

(1) il convegno dovrebbe essere interessante per tutti quelli che lavorano a cavallo fra filosofia e scienza cognitiva (includo anche la linguistica come parte della scienza cognitiva). Tra i keynote ci sono: Andy Clark e Michael Tomasello.

(2) La deadline per papers o posters è il 15 maggio. Quindi, avete abbastanza tempo per buttare giù qualcosa. Io cercherò di mandare qualcosa.
N.B.: se mandate una cosa non di filosofia, potete mandare anche solo un abstract. Ma se mandate una cosa di filosofia, è vivamente consigliato mandare il paper per intero. (Life is hard, I know).

OK, trovate tutte le altre info al link che vi ho dato prima.



sabato 13 febbraio 2010

Filosofia della mente in Statale

la settimana che viene ci saranno due talks di filosofia della mente alla Statale di Milano.

Martedì 16 febbraio, ore 17, aula 435
Greg Currie (Nottingham)
Imagination and Desire

Mercoledì 17 febbraio, ore 14:30, aula 113
Elisabeth Pacherie (Institut Jean Nicod)
The phenomenology of joint action: I-agency vs. We-agency.

Questo è l'abstract del paper di Currie:
I, along with others, have argued that we need to acknowledge the existence of desire-like imaginings. One reason is that desire-like imaginings seem to be required if we are properly to account for our responses to tragedy. Others have argued that we can explain this response in other ways, while Egan and Doggett have come in on my side of the argument. I review the various theories, and argue that the belief in desire-like imaginings is justified by its role in explaining our responses to tragedy.

Ero convinto di avere anche quello di Pacherie, ma non lo trovo mica. Se lo volete, mi sa che dovete scrivere a corrado.sinigaglia@unimi.it.

Ultima cosa. Grec Currie si è detto disponibile ad incontrare laureandi e dottorandi prima del suo talk. Ci troviamo con lui in Statale verso le 14:30. Se volete essere dei nostri, scrivetemi a luca.barlassina@gmail.com.



giovedì 11 febbraio 2010

un buon posto per

  • proporre problemi filosofici da discutere insieme
  • scambiare informazioni su papers, conferenze, lavori, link rilevanti
  • scambiare impressioni su quel che va o non va in università